Anna Maria Chiariello, nata a Salerno nel 1954, è cresciuta a Salerno ma si è poi trasferita a Pontecagnano dove vive da oltre trent’anni. Ha operato a lungo in qualità di educatore e di operatore sociale, coordinando progetti di assistentato specialistico a diversamente abili.
Redattrice di giornali locali, amante della creatività (pittura, decoupage, creazione bijoux) e appassionata di lettura - nella sua abitazione vi sono libri ovunque – coltiva silenziosamente la passione per la poesia.
Vogliamo dare voce a quest’artista dalla straordinaria sensibilità.
Di seguito alcune delle sue poesie (per gentile concessione).
Al lettore giudicare il risultato
Anna Maria Chiariello
Il mio popolo antico - A mio padre
E risentire i loro passi,
dentro l'anima,
e risentire la loro voce.
Mille battaglie
hanno sulla pelle
e, ferme nell'anima
mille verità.
Ritrovo il cuore
di un popolo antico
vivo di mille rossi cuori,
affamato e lasciato solo.
Ha battuto di mille palpiti
nel nome del deleritto
offuscato, calpestato, deriso
nella polvere del potente.
Con l'eco infinito delle lotte, giunge e, mi veste
di stracci amati.
Dalla polvere si levava
alta e fiera una bandiera.
Attraverso i loro passi
vagabondi dentro l'anima.
Attraverso la loro voce
che ruggisce e lambisce
ascolto ancora il grido di mio padre.
Orgoglioso nutriva, abbeverava
i suoi ideali affamati,
indifeso e ostinato
per l'umanità calpestata.
Risento i suoi passi,
risento la sua voce,
e, stretto a lacera bandiera
si riprende ogni volta
rispetto e infinita dignità.
Crocifisso
Sul ciglio della via,
marcisce la dignità
di chi i fiori allontana
sul latrare ferito
incredulo e bagnato,
sul dolore cieco
che sale dal guaito.
Crocifisse le sue zampe
all'asfalto lucente,
segue la scia dove
l'amore va a morire.
Sul ciglio della via,
fiorisce crudele
lo scarlatto sangue
dell'innocente nato cane.
Intorno, spande
come rose recise
profumo intenso
sconfinato, dignitoso
del suo non esser uomo.
Si china alla carezza
e, piano, lì accanto,
s'accuccia Dio.
L'urlo silente
Sotto un cielo bianco
con un solo fiore tra le dita
e una sola lacrima
a ferirmi il viso
nel ricordo, immobile
ritorno a te.
Da luci spente,
da fiori appassiti,
da speranze recise,
dal cheto oblio
nel ricordo, immobile
ritorno a te.
E l'urlo si leva
ruggente, furioso,
inutile e solo,
zittisce sotto un logoro
dilaniato lenzuolo
senza calore,
copre ogni livore,
ogni rubino di te.
E muore,
trafitto da quella sola lacrima.
Il Rumore del silenzio
Improvviso ferisce
come spada alla mente,
il rumore sordo
di un solo ricordo.
Caparbio torna
col pugno alla porta,
cerca la soglia
dietro la quale lasciai
l'anima mia,
quando battiti impazziti
gioiosa seminava,
al lucore infinito
apriva il mondo,
faville di vita
a incendiare la via.
Spavaldo torna,
il rumore sordo
di un solo ricordo,
null'altro rimane
tra le dita del cuore
e dietro la soglia
par quasi possibile
non graffiarsi più l'anima.
Le piccole mani
Dinanzi alle parole
taglienti come lame,
si arresta, ferito
attonito il ricordo delle paffute manine
tese verso di me,
a serrare stretta
la mia gonna.
Dinanzi agli occhi
solo di rabbia vestiti svilisce, ferito
muto il ricordo
della lacrima posata
sulle piccole ciglia.
All' uomo che fu prima
piccolo bambino
sgusciato urlante
fuori dal mio dolore,
vorrei poter donare,
ancora tenero
il ventre che gli fu culla.
Vorrei che la mano
s'alzasse sicura
ad attraversare il mio viso
e, ritrovasse nell'unica
lieve carezza
il suo cuore di bimbo
dove seminai,
superba la speranza
di un uomo migliore.
A Lucky
Sul mattino lucido
apro gli occhi
la luce filtra, lenta,
a ferire l'ansia mia.
Tendo la mano,
piano, sul suo corpo
a lasciar la carezza,
indugio calma,
assaporo la gioia,
mi disseto alla fonte,
limpida dell'amore.
Assisto al miracolo
eterno, della creatura
senza parola,
l'anima sua ricamata
di trine delicata.
Affondo il viso
sul suo battito,
annuso l'amore,
rubo il coraggio,
indosso la corazza
e, vado tra gli uomini.
Coraggio
Nel rosso tramonto
ho raccolto il sogno,
sul finire triste
delle memorie perdute,
la mano aperta
a svestire la paura,
del terrore il tremito
nella gola ho chiuso.
Caparbia io esisto.
Il desiderio ho liberato
il coraggio ho imprigionato
nell'alba tradita
la strada ritrovata.
Caparbia io esisto.
Tra i sassi lucidi
i fiori rispuntati
nell'eco lontano
il ballo scordato.
Spaventata e sola
sono tornata
a tirare tra le dita
dal cielo le stelle
dall'alba risorta
il brivido sulla pelle.
Il mio canto
Il mio canto alto
nella notte mia
giovane e ribelle,
quando le stelle
cadevano lente
sulla mia pelle.
Dorato come veste,
il sogno dell'amore.
Trattenevo stretta
la speranza.
Il canto sommesso
nella notte mia
stanca e opaca:
quando le stelle
appuntito sasso
cadono lente
sulla mia veste.
Il mio giardino
Gli alberi miei
tendono spauriti
braccia verso il cielo,
lacrima di rugiada
vellutata e mia,
su occhi di petalo.
Gioiello di brina
danzante e fulgida
a frusciar la chioma.
Filtra la luce
nel baluginar di turchese
color di vita
ma il silenzio è sovrano.
Giorni felici
Briciole di stelle
sui mattini ridenti,
zaffiri odorosi
nelle notti di sole.
Di brillanti medaglie
ornavano il petto
al Cupido generoso.
Sulle diamantine albe
lasciammo l'orme,
sui tramonti rubini
lasciammo gli addii.
Balzarti agli occhi
Balzarti agli occhi,
graffiarti lo sguardo.
Lavare il tuo sorriso
alla fonte dell'anima.
Storcere tra le dita
il tuo cuore,
sordo e finito,
chiuso agli orizzonti,
di voli infiniti.
Asciugarti le mani
in una carezza,
chiuderti nel pugno
stretto e sanguinante,
graffiare ogni lembo,
costringerti ad amare.